Il percorso dei moderni pellegrini Il Cammino di San Vicinio prevede l’itinerario tra Romagna ed Aretino in quattordici tappe:
Tappa 1 SARSINA - BAGNO DI ROMAGNA; 2 BAGNO DI ROMAGNA – CAMALDOLI; 3 CAMALDOLI - BADIA PRATAGLIA; 4 BADIA PRATAGLIA - LA VERNA; 5 LA VERNA – VERGHERETO; 6 VERGHERETO – BALZE; 7 BALZE - SANT’AGATA FELTRIA; 8 SANT’AGATA FELTRIA - PIETRA DELL’USO; 9 PIETRA DELL’USO - SOGLIANO AL RUBICONE; 10 SOGLIANO AL RUBICONE – BORGHI; 11 BORGHI – SORRIVOLI; 12 SORRIVOLI – CESENA; 13 CESENA – CIOLA; 14 CIOLA - SARSINA
E’ sorta l’Associazione Il Cammino di San Vicinio. E’ possibile conoscere dettagli, itinerari ed eventi presso il sito:
www.ilcamminodisanvicinio.it
http://www.ilcamminodisanvicinio.it/percorso-mappa.asp
San Vicinio si ricorda come Vescovo e Protettore dei sarsinati che visse fra il III e IV secolo.
Molto probabilmente il Santo era originario della Liguria e giunse a Sarsina poco prima delle grandi persecuzioni di Diocleziano e Massimiano (303-313). Morì verso l'anno 330, sembra il 28 agosto; in quel giorno si celebra la sua festa.
San Vicinio è conosciuto come taumaturgo e guaritore, soprattutto nel caso di esorcismi. Moltissimi fedeli si recano in pellegrinaggio presso la Basilica di Sarsina solo per ottenere la benedizione indossando il famoso collare di metallo che lo stesso santo indossava per penitenza durante la preghiera.
I dettagli del percorso completo li troverete nel link succitato; qui ci piace sottolineare particolare di alcune tappe (la 13, la 14, la 1 e la 7) , con luogo di partenza
Cesena, sede della
diocesi Cesena Sarsina , punto “zero”, essendo la tappa più pianeggiante di tutto il percorso...
Tappa Cesena – Roversano - Ciola
La 1° tappa si presenta piuttosto impegnativa per via della lunghezza del percorso di oltre 26 km. che prevede dislivelli accettabili intorno ai 600 metri; si segue il corso del fiume Savio, scavalcando il Ponte Vecchio, insigne monumento cittadino a schiena d’asino eretto a partire dal 1773 e terminato nel 1779.
Attraverso il Parco del Fiume Savio si raggiunge
Roversano, ben riconoscibile dall’alta mole della sua Torre posta a 200 metri s.l.m. costruita come torre di avvistamento e parte integrante di un sistema difensivo fatto di torri e utilizzate per comunicazioni e segnalazioni di pericoli imminenti.
Lasciata Roversano si procede in direzione di
Borello; qui in località Il Mulino (toponimo che rivela le funzioni del luogo posto sul fiume Savio), si attraversa la E45 Cesena - Roma per raggiungere Bora Bassa, quindi Bora Alta seguendo, da questo momento, il versante opposto del Savio. Giunti a Falcino, bisogna seguire per Ciola, presso la Chiesa di San Lorenzo, a 600 metri s.l.m.
Tappa Ciola – Montesorbo – Calbano - Sarsina
la seconda tappa, piuttosto facile, da Ciola consente di arrivare a
Sarsina, attraverso un percorso di circa 13 km, molto panoramico e con un dislivello in saluta di circa 220 metri.
La prima sosta è la
Pieve di Montesorbo, straordinario monumento della Regione Emilia- Romagna; la chiesa di Santa Maria Annunziata, è un mirabile esempio, per antichità e bellezza, di chiesa romanica a croce greca. Collocata su un poggio che domina sereno e solitario l'area della Pieve lascia respirare un'aria di grande intensità e raccoglimento. Edificata nell'VIII secolo, presenta una rara pianta a croce greca già luogo di pellegrinaggi a partire dal Medioevo.
Da Montesorbo occorre ritornare per un breve tratto indietro e dirigersi verso il Monte San Vicinio; a 600 metri sul livello del mare. Protetti da alberi che garantiscono una buona ombreggiatura ci si trova in un luogo mistico già frequentato da San Vicinio, che qui si ritirava per pregare in solitudine. Appena sotto il monte segnalato da una piccola chiesa e più in alto da una croce, è la
Fonte di San Vicinio, protetta da una grotta in cui è necessario scendere per raggiungere la sorgente.
Dopo un breve ristoro si riprende il cammino per giungere fino alle porte di Sarsina, a
Calbano.
Si tratta di un antico castello, di cui sono riconoscibili tratti di muratura e l’impianto generale. Siamo ormai arrivati a
Sarsina, per raggiungere la quale serve scendere, lungo la strada asfaltata principale.
L’antica “Sassina” è la patria di illustri personaggi:
Tito Maccio Plauto, scrittore latino nato intorno al 250 a.C., autore di famose commedie come la
Casina e il
Miles gloriosus e San Vicinio, a cui si lega la tradizione del collare dalle proprietà taumaturgiche e a cui è dedicato l’intero percorso; inoltre, Lucio Pisone che si distinse nella battaglia di Canne; ultimo ma non meno importante Cesio Sabino importante magistrato romano, artefice di importanti opere di edilizia sarsinate.
Sarsina, situata lungo la direttrice della strada E45, fu fondata dagli Umbri intorno al V-IV sec. a.C., ma saranno i Romani a farne un centro di primaria importanza a partire dal 266 a.C., anno della fondazione.
Nella cittadina sono ancora numerose le vestigia dell’età romana; in particolare, presso il
Museo Archeologico Nazionale. Si tratta di un unicum imperdibile. I materiali custoditi nel museo, istituito nel 1890, provengono soprattutto dalla località di “Pian di Bezzo”, dove è stata rinvenuta una necropoli romana di grande interesse. Nelle sette sale del piano terra il visitatore va alla scoperta delle credenze e dei culti romani legati al mondo degli Inferi. Le steli funerarie, le epigrafi, le sepolture ed i mausolei conservati, che permettono di comprendere la composizione della società romana nel periodo I sec. a.C. – II sec. d.C., testimoniano la potente influenza esercitata da suggestioni e riti religiosi orientali ed egiziani. Da segnalare all’interno della sede espositiva: il Mausoleo di Petus, quello di Rufus, il grande pavimento a mosaico del III sec. d.C. con il Trionfo di Dioniso, nonché la scultura ricomposta di Attis.
Altro importante luogo sarsinate è la
Basilica Cattedrale. Intitolata a San Vicinio, l’imponente chiesa fu probabilmente edificata nel X secolo. Le tracce di pronao in facciata ed il grande campanile in stile bizantino rendono ancora più prestigioso il santuario affacciato su Piazza Plauto.
L’interno custodisce alcune opere di valore tra cui l’ambone in marmo del XII secolo, di scuola sassone, con i simboli dei quattro evangelisti, un fonte battesimale con teste di ariete angolari. Nel presbiterio sono sistemati numerosi dipinti, tra cui la Visitazione di Michele Valbonesi da Ranchio e la Messa di San Gregorio Magno, attribuita allo Scarsellino. A tutte le ore del giorno è possibile imbattersi in qualche pellegrino desideroso di ottenere la benedizione del collare appartenuto al Santo patrono: al collare sono attribuite proprietà taumaturgiche in grado di scacciare il maligno.
Tappa Sarsina – San Piero - Bagno di Romagna
A Sarsina si prenda, all’uscita della cittadina, l’indicazione per il
Parco Naturale delle Marmitte dei Giganti: qui i due corsi d’acqua Rio Crocetta e Fosso Molinello hanno modellato l’arenaria trasformandola in sculture a cielo aperto. Per molto tempo, la credenza popolare ha voluto che fossero i giganti ad avere creato le marmitte utilizzate per scaldare il proprio cibo…
Un sentiero segnato attraversa il parco, scavalca il Fosso del Mulinello e si riallaccia alla strada che conduce a Montalto e Careste. A Montalto un sentiero conduce all’
Abbazia di San Salvatore in Summano che un documento ricorda essere stata costruita nel 1041. Il luogo a causa degli interventi di vari epoche è stato molto alterato ma l’abbazia gode ancora del fascino dei luoghi di culto immersi nella natura. A ritroso si ritorna al bivio di Montalto e si prosegue per la strada comunale raggiungendo il crinale tra il fiume Savio e il torrente Borello. Raggiunto il sito di Careste, si rinvengono i ruderi del castello e della chiesa di S.Andrea. Raggiunti i ruderi della chiesa di San Mamante il percorso devia (109 CAI) per raggiungere Facciano e poi attraverso il sentiero 113 CAI giungere a fino alla sommità del Monte Mescolino. Da qui conviene scendere per raggiungere la strada pronviale 26 e proseguire fino a San Piero in Bagno quindi Bagno di Romagna.
A
San Piero si consiglia la visita dell’oratorio di San Giovanni, dove si può ammirare la tela con San Giovanni Battista e la Trinità di Andrea Versari, datata 1654, e la Chiesa di San Pietro in Vincoli, elegante chiesa che conserva una tavola con la Madonna il Bambino e Santi, un crocifisso di Girolamo della Robbia (1530-1566) e un crocifisso di scuola fiorentina del XV secolo.
Da qui si potrà raggiungere il celebre
Eremo di Camaldoli con un percorso di 20 km e un dislivello medio il salita di 1.250 mt. Si tratta di una tappa certamente impegnativa che ripagherà i più ambiziosi delle fatiche fisiche con un ristoro spirituale nel luogo che San Romualdo fondò nell’ XI secolo.
Dall’ Eremo di S. Alberico di Verghereto alle Sorgenti del Tevere
(prima parte della 7^ tappa sul Cammino di San Vicinio)
Sulla vita di Sant’Alberico non vi sono notizie certe ma sembra molto affine a quella di San Romualdo, con cui condivise una vita austera e solitaria, votata alla meditazione e alla preghiera. Secondo alcuni storici sarebbe vissuto nel V secolo, secondo altri nel XIII secolo. Oggi, tuttavia, si propende per l’ipotesi che il santo sia vissuto nell' XI secolo. Si dice che il santo avesse nobili origini ravennati o toscane. Alberico, guidato da una profonda fede, abbandonò la vita mondana per ritirarsi in presso l’Abbazia Benedettina di Valle Sant’Anastasio, nei pressi di San Marino. Nelle sue peregrinazioni, giunse poi all’Eremo di Ocri, eretto da San Pier Damiani nei pressi di Sarsina e da qui alla ricerca di un luogo più silenzioso e solitario, giunse così sul Monte Fumaiolo, in un Eremo vicino alla località Balze, fondato da San Romualdo intorno all’anno Mille (952 - 1027), dove visse fino alla sua morte, che si ritiene avvenisse nell’agosto del 1050. Sant’Alberico visse in questi luoghi in completa solitudine e isolamento e oggi l’Eremo porta il nome di
Celle di Sant’Alberico.
Nel secolo XIV, forse a causa di una revisione dei confini compiuta dalla Repubblica di Firenze in questa zona, il corpo di S. Alberico venne trasferito all'interno del territorio del Montefeltro, in un'urna dell'Abbazia di Valle S. Anastasia. Nel 1698 il Vescovo Bernardino Bellocci dispose che la salma tornasse all’Eremo delle Balze, dove, in una teca, è venerata la tibia del santo. Si pensa che questa reliquia abbia poteri taumaturgici e possa guarire dai dolori alle ossa e alla schiena e dall’ernia e per questo meta di numerosi pellegrinaggi.
L’Eremo situato nella diocesi di Sarsina, a 1.147 metri s.l.m., tra il monte Ocri, il monte Aquilone e il massiccio del Fumaiolo è anche uno dei pochi a essere rimasto in funzione ed è visitabile da maggio a ottobre. Lo si raggiunge attraverso un’antica mulattiera, che parte dalla località Capanne, in meno di un’ora di cammino.
Sul finire dell' XI secolo era già esistente a circa un miglio dalla Cella di S. Alberico il monastero di San Giovanni Battista inter ambas Paras, (così detto perché sorgente tra i due rami iniziali del fiume Para), che secondo un documento del secolo XIV sarebbe stato fondato da S. Alberico.
Almeno dal XIV secolo l'Eremo, come pure il monastero di S. Giovanni Battista inter ambas Paras, fu di proprietà dei monaci Camaldolesi, che lo tennero fino al 1821. In quella data l'Eremo passò a privati. Devoto del santo, il Granduca Leopoldo II di Toscana si recò in pellegrinaggio all'Eremo nel 1835, pernottando alle Balze in casa Gabiccini. In quell'occasione il Granduca decise la costruzione della mulattiera detta "Via Nuova", che dalle Balze conduce direttamente all'Eremo senza sconfinare in territorio del Montefeltro (il percorso di arrivo degli escursionisti). Allo stesso modo fece sistemare il sentiero "delle scalette" che dall'Eremo scende verso la Cella. Nel 1873 furono eseguiti una serie di interventi conservativi per consolidare la chiesetta e l'annesso rifugio istituendo altresì la Via Crucis lungo la mulattiera che va dalle Balze all'Eremo.
Il percorso escursionistico inizia dalla località Balze; usciti lungo la E45 Cesena – Roma a Verghereto si seguono le indicazioni per
Balze. In questa zona si possono ammirare una serie di paesaggi caratterizzati da formazioni calanchive di argille tipiche dell’Appennino romagnolo.
Il sentiero si imbocca subito appena usciti dal paese sulla strada che conducente a Capanne che indica proprio l’eremo di S.Alberico. Il percorso è caratterizzato nella sua prima parte da un sentiero a ciottoli in salita; al bivio, si segue a destra per giungere fino all’Eremo.
Giunti alla meta, ci si trova davanti ad un edificio in sasso, protetto da una cancellata.
Per chi volesse continuare la passeggiata, oltrepassato il silente luogo, il sentiero che continua sulla sinistra conduce fino al Monte Fumaiolo, attraversando un sottobosco di felci che lascia il posto ad una grande faggeta.
Seguendo i cartelli tristici si arriva al Monte Fumaiolo, da cui ha origine il fiume Tevere, segnalato da una colonnina contrassegnata dall’aquila voluta dal regime fascista.