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Informazioni
Le Minestre
Sia che si parli della cucina tradizionale che della nuova cucina romagnola le minestre rappresentano per il romagnolo il piatto fondamentale di ogni pranzo o cena, tanto che in passato erano definite “
la biada dell”uomo
”. Con una netta preferenza per le minestre ricavate dalla sfoglia, la cui preparazione -
tirè la spòja
- rappresentava il metro con il quale il marito e la suocera misuravano le qualità della giovane sposa, tanto era la considerazione nella quale veniva tenuta la minestra fatta a mano, impastando farina di grano tenero, acqua (poca) e uova: operazione che nessuna macchina potrà mai eguagliare.
“Fare la sfoglia – scrive Corrado Contoli
– non è affare da poco. Anzitutto l’impasto (
e’ spassèl
) deve risultare omogeneo, sodo, alquanto elastico, il che richiede lungo e vigoroso rimenare; indi la spianatura, cioè l’assottigliamento a forza di matterello (
e’ s-ciadùr
), che esige mano robusta e sperimentata, occhio vigile, senso della misura: poiché la sfoglia deve essere tirata più o meno sottile a seconda del tipo di minestra che con essa si vuol preparare”. E poi c’è un altro requisito codificato dalla saggezza popolare con il proverbio che afferma: “Per fare una bella sfoglia/
l’azdòra
deve muovere bene il sedere!”. Un aspetto che rafforzava la predilezione dei romagnoli – così attenti al cibo e al sesso - per la minestra fatta casa, come scriveva Gianni Quondamatteo: “
Vedere, naturalmente dal di dietro, una bella donna, dai bei fianchi, che fa la sfoglia, è sempre uno spettacolo edificante che riconcilia con la vita..”.
Anche perché da lì nascono,
cappelletti, garganelli, tagliatelle, lasagne al forno, pappardelle, strichetti, lasagne fini,
maltagliati
e
quadrettini
che solo nominarli fanno brillare gli occhi di un romagnolo.
CAPPELLETTI
PASSATELLI
STROZZAPRETI
SPOJA LORDA O MINESTRA IMBOTTITA
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