Itinerari:
Cesena Papale, la città dei tre Papi
Cesena, importante co-capoluogo della Provincia di Forlì Cesena, è rinomato centro universitario, città con un invidiabile patrimonio culturale e con un fiore all’occhiello, rappresentato da uno dei rari esempi di biblioteca umanistico – conventuale, risalente al 1454, ovvero la
Biblioteca Malatestiana.
Benedetto XIII
Cesena, è anche nota, come città dei
Tre Papi, sebbene con una qualche forzatura. Due dei tre, furono in effetti Papi di origine cesenate, mentre uno fu Vescovo cesenate, poi Papa con il titolo di Benedetto XIII.
Prima di diventare Papa come
Benedetto XIII,
Pietro Francesco Orsini da Gravina di Puglia, fu nominato Vescovo di Cesena il 1680, ma restò in Romagna solo sei anni, prima di essere trasferito alla sede arcivescovile di Benevento.
Due potenti famiglie locali
I due Papi di origine cesenate,
Pio VI e
Pio VII appartenenti ad importanti e potenti famiglie locali (quella dei Braschi e dei Chiaramonti) hanno lasciato un’indelebile impronta nel mondo non solo locale, ma nella storia intera del patrimonio storico artistico italiano. Due Papi che vissero nell’età di Napoleone I Bonaparte, governarono tra tormenti e furono incercerati negli anni tumultuosi tra lo scoppio della Rivoluzione francese e la caduta di Napoleone ed il Congresso di Vienna…
Pio VI e Pio VII
Due Papi che si succedettero al soglio pontificio: alla morte di
Pio VI nel 1799 in esilio a Valence gli successe, nel 1800,
Pio VII Chiaramonti. Grazie ai due cesenati vennero istituiti i Musei Vaticani che rappresentano l’evoluzione del Museo Pio Clementino istituito grazie anche al contributo di Pio VI. Durante il Pontificato di Pio VII venne, inoltre, approvata la prima legge di tutela del patrimonio storico artistico e punto di riferimento anche odierno per la legislazione dei Beni culturali italiani.
A Cesena, è possibile trovare le tracce dei due Pontefici attraverso alcuni luoghi visitabili.
I luoghi cesenati dei Papi
Pio VI (Giannangelo Braschi; Cesena, 25 dicembre 1717 – Valence-sur-Rhône, 29 agosto 1799) venne solennemente eternato sulla facciata del
Palazzo del Capitano del Popolo, meglio conosciuto come
Palazzo del Ridotto, ove campeggia la statua in bronzo realizzata dallo scultore Francesco Calligari e qui posta solo nel 1792, ma concepita allorquando il Papa stesso transitava dalla città natale al ritorno dal viaggio a Vienna, durante il quale aveva incontrato l’Imperatore Giuseppe II, altro fronte “caldo” per l’Europa liberale dell’epoca. Il fronte del Palazzo reca, insieme alle insegne della nobile famiglia Braschi, un’iscrizione che fa esplicito riferimento al saluto rivolto dai Cesenati al grande Papa e al contesto preciso di quell’atteso transito cesenate. In quell’occasione Papa Pio VI incoronò l’affresco della
Madonna del Popolo conservato presso la
Cattedrale di San Giovanni Battista e compiuto intorno al 1520 dal pittore Giovan Battista Ramenghi detto il Bagnacavallo, opera che aveva operato anche molti miracoli suscitando una grandiosa devozione popolare.
Ancora riferibile a Pio VI e conservata presso la Biblioteca Malatestiana è una bella mazza da parata che lo stesso Papa donò alla città di Cesena.
Per ripercorrere le vicende del successore e più fortunato Pio VII (Barnaba Niccolò Maria Luigi Chiaramonti Cesena 14/08/1742 – Roma 20/08/1823), occorre prevedere una visita
all’Abbazia del Monte di Cesena. Appoggiata sul colle Spaziano, l’abbazia benedettina fu il luogo fondato dal vescovo della città di Cesena, San Mauro che vi aveva trovato un luogo di meditazione intorno al X secolo. Il complesso abbaziale venne ampliato notevolmente tra il XV e XVIII secolo. Tra i diversi nobili che entrano in quel luogo come novizi vi fu anche il conte Barnaba Chiaramonti, nel 1756, futuro Papa. Questo personaggio di grandissima cultura e apertura mentale, fu, tra l’altro un raffinato collezionista, di libri soprattutto, tanto da meritare l’appellativo di “Papa Archeologo”; aveva collezionato in vita circa 5.500 libri tra testi rari, incunaboli e cinquecentine dal XV al XIX secolo. Per volontà testamentaria il Papa aveva lasciato l’imponente collezione all’Abbazia ma a causa di un vizio formale, nel periodo post unitario la collezione venne dirottata presso la locale Biblioteca Malatestiana ove essa è tuttora visibile, nella collezione che proprio dal Papa prende il nome: la “Biblioteca Piana” posta di fronte all’Aula del Nuti del 1454. I manoscritti della Piana comprendono un Evangeliario datato 1104, un codice giuridico con il Decretum Gratiani del XIII secolo, un messale romano con una splendida crocifissione miniata. Tra gli incunaboli si può ricordare un esemplare della Cosmographia di Tolomeo con la falsa data del 1462 (forse stampato nel 1477 o nel 1482), con tavole colorate, i cui disegni sono stati attribuiti a Taddeo Crivelli.
La Chiesa di Santa Cristina
L’itinerario papale a Cesena si conclude con uno straordinario luogo della spiritualità recentemente restituito alla cittadinanza dopo un accorto restauro conservativo. Si tratta della
Chiesa di Santa Cristina, in via Chiaromonti.
E’ testimoniata l’esistenza di questa chiesta a partire dal Medioevo, ma essa risulta abbandonata con l’annesso convento che, tuttavia, risulta abbandonato già nel XV secolo. La chiesa venne riedificata nel 1470 e poi nuovamente nel 1630. Una nuova sistemazione venne condotta nel 1740 da Giovanni Francesco Zondini, che progettò un vano longitudinale con tre altari e volta dipinta. A metà del Settecento fu donato alla chiesa il corpo della santa titolare, rinvenuto nelle catacombe romane di San Callisto.
Nel 1814 Pio VII sostò a Cesena di ritorno dalla prigionia di Fontainebleau e si impegnò a finanziare la costruzione della nuova chiesa che si affaccia lungo la stessa via lungo la quale insiste l’antico palazzo di proprietà della famiglia Chiaramonti. I lavori ebbero inizio nel 1816, ma essendosi trattato di un finanziamento esiguo bastò a malapena per la realizzazione del sotterraneo, interessante e raro esempio di aula circolare coperta da una calotta ribassata. Malgrado il tentativo del pontefice di ridurre la spesa affidando un nuovo progetto a Benedetto Barbieri, il disegno del Valadier fu condotto a termine con piccole varianti, grazie a un nuovo finanziamento. I lavori furono condotti a termine nel 1825. Già nel 1806 la chiesa aveva perso il titolo parrocchiale, pur rimanendo aperta al culto. Oggi è regolarmente officiata nelle festività e visitabile su richiesta (suonare in sacrestia). È stata restaurata a partire dal 1981.
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