IL DIALETTO ROMAGNOLO
Il
dialetto romagnolo è un dialetto della lingua emiliano-romagnola parlato in
Romagna e nella Repubblica di San Marino; è caratterizzato da un forte rilievo delle consonanti nelle parole e da una notevole moltiplicazione dei suoni vocalici, rispetto all'italiano, che ne ha solo 7. Esistono comunque varie forme del
dialetto romagnolo stesso.
Ad esempio quello di
Ravenna è abbastanza differente da quello di
Forlì ma anche da quello di
Cesena e
Rimini. Linguisticamente, il centro è rappresentato dalla zona di Forlì e Faenza, mentre, a mano a mano che ci si sposta verso la periferia dell'area linguistica romagnola, le caratteristiche si vanno facendo sempre meno peculiari.
Secondo
Dante Alighieri è la città di Forlì il "meditullium" della
Romagna, cioè la sua zona centrale, anche dal punto di vista linguistico. Si noti, infatti, che anche tra
faentino e
forlivese esistono delle differenze.
Sono
dialetti ancora
romagnoli quelli di parte delle Marche e della Repubblica di San Marino, ad esempio il Montefeltrino e il Sammarinese che possono essere considerati a tutti gli effetti varianti del
dialetto romagnolo, comprese le parlate di buona parte delle località della provincia di Pesaro e Urbino settentrionale. Altre località a
lingua romagnola sono la città di Imola che si trova al confine della provincia di Bologna e alcuni paesi della provincia di Ferrara confinanti con la provincia di Ravenna come ad esempio la città di Argenta in cui coesistono sia abitanti a cultura romagnola che abitanti a cultura Ferrarese.
Il dialetto romagnolo parlato in Romagna ha antiche origini neolatine; vi si rivelavano evidenti influenze della lingua celtica ed influssi delle parlate germaniche e dei Franchi. Friedrich Schurr, un linguista austriaco che a lungo ha studiato il
dialetto romagnolo, afferma che il fatto storico che gli conferì i caratteri distintivi fu il lungo isolamento politico della
Romagna, durante il periodo dell’Esarcato a Ravenna. Esso assunse così la sua specificità rispetto ai dialetti del resto della zona padana sotto il dominio longobardo.
Il
dialetto romagnolo rimase per secoli una lingua orale fino al 1840, quando l’imolese Morri pubblicò il primo
vocabolario Romagnolo - Italiano. In verità esiste una prima attestazione verso la fine del 1500 di un’opera scritta in romagnolo:
E Pulon matt; un poema eroi-comico sulla falsariga dell’Orlando Furioso, scritto nel dialetto di San Vittore di Cesena e attribuito al Fantaguzzi. Ma resta un caso isolato.
Nel 1910, Friedrich Schurr si servì di questo pezzo unico della letteratura dialettale per scoprire i mutamenti linguistici del
dialetto romagnolo, confrontandolo con le parlate romagnole contemporanee.
Anche grazie al ricchissimo folklore, il romagnolo si è tramandato oralmente di padre in figlio nella
cultura contadina e in forma scritta grazie all’opera tenace di diversi studiosi della
Romagna.
Parlata ricca di consonanti, dove le vocali a volte compaiono nel minimo indispensabile per rendere pronunciabili le parole (
scièn per cristiano,
sgnòr per signore), il romagnolo deve questa caratteristica alla
colonizzazione gallica, che già dalla fine del V secolo a.C., contribuì a creare in Romagna una base linguistica sostanzialmente omogenea.
Un altro degli elementi di spicco del romagnolo, anche questo di chiara matrice gallica, è la forte accentuazione che tronca le vocali finali (
parsòt per prosciutto,
candlòt per candelotto, piat per piatto). Gallicismi sono anche certi suoni nasali come
vén per vino,
pèn per pane.
Altrettanto riconoscibili sono gli
apporti toscani tipici delle zone di confine:
quattre (quattro) al posto del più tipico romagnolo
quatar, ma anche
ferme(fermo) al posto di
ferum. O, ancora, l'espressione che tuttora si usa a S. Piero,
somm al bòrg, la si ritrova nelle carte del Capitanato di Bagno in forma toscana
sommo il borgo. Un altro esempio di forma dialettale toscaneggiante tipica della vallata del Savio fino al crinale appenninico è la
u al posto del
soggetto:
u pienz,
u andarà per piange e andrà.
A parte le tante diversità, va sottolineato che il dialetto ha avuto forme espressive tipiche, quali le
zirudeli, canzoni e filastrocche che hanno costituito un vero e proprio genere espressivo. Il vigore e la salacità di certi modi dire, a volte sin troppo schietti per un orecchio suscettibile, fanno comunque del dialetto una componente fondamentale di quel carattere gioviale e aperto che è la caratteristica riconosciuta della "romagnolità"