IL CULTO DELL'OSPITALITÀ
Un detto romagnolo afferma che “un po’ d’ombra ed un bicchiere di vino non si nega a nessuno”. L’ospitalità insomma fa proprio parte del DNA dei romagnoli. Ed anche della sua storia...
Lo testimonia visivamente la presenza, sulla piazza panoramica di Bertinoro, della Colonna delle Anella diventata il simbolo dell’ospitalità di tutta la Romagna. La colonna in sasso, porta 12 anelli e fu eretta nel XIV secolo per porre fine alle dispute tra le dodici famiglie nobili del posto che si contendevano la presenza dei forestieri nelle loro case. Si decise di affidare la scelta al caso: il forestiero sarebbe stato ospitato dalla famiglia alla quale corrispondeva l’anello al quale legava il cavallo o appoggiava il cappello o il bastone. Più tardi Pietro Ghislieri sottolineava l’amorevolezza dei romagnoli con forestieri: “
la natura di questi populi nobili d’animo è tale, che quando confidano si traboccano et danno in preda, ma per l’opposito, insospettiti, s’imbarbarescano et si sbrigliano...”. E verso la fine dell’’800 Guglielmo Ferrero aggiungeva:
“Il romagnolo che conosce poco o punto nei casi ordinari della vita la gentilezza dei modi, diventa, quando ha un ospite nella sua casa, più premuroso della più buona signora: indovina a volo i desideri, gli impacci, le ritrosie dell’ospite, soddisfa quelli, previene a queste, pensa e provvede a tutto; è così premuroso che qualche volta l’ospitalità sua diventa un peso”
Il romagnolo tiene tanto all’ospitalità da farne un punto d’onore perché in fondo accarezza il suo orgoglio, gli permette di mettersi in mostra agli occhi del forestiero e di fargli vedere la sua casa, la sua famiglia, la sua azienda. E ci tiene a tal punto da rabbuiarsi se il forestiero – dopo un primo contatto che permette uan conoscenza reciproca - non accondiscende all’invito di fermarsi o di entrare in casa per bere un bicchiere di vino, quasi sempre
Albana, che il padrone di casa immancabilmente aprirà. Questo spiega la fortuna turistica della riviera dove pescatori marinai e contadini, trasformati in albergatori hanno conservato l’intraprendenza, la voglia di lavorare ed il senso dell’ospitalità domestica di un tempo.
“
Se i turisti vengono in Romagna - afferma Tonino Guerra - non vengono certo per le spiagge indimenticabili romagnole, vengono qui perché c’è l’atmosfera familiare giusta, perché il romagnolo ti dice buongiorno anche se ti vede di traverso. E questo è molto bello”. Ancor più lo si può dire a proposito dell’
entroterra romagnolo dove i modi di vita e i modi di pensare hanno subito meno condizionamenti rispetto alla riviera caratterizzata da un turismo di massa. Il senso dell’ospitalità e dei rapporti umani lo si può cogliere meglio se si lascia l’autostrada e si percorre la
Via Emilia e ancor più – come scrive Mariagrazia Cucco - se “
si va alla ventura lungo le diramazioni, abbandonandosi al richiamo dei nomi delle segnalazioni, Pascoli qua, Carducci là, più avanti Garibaldi, Giulio Cesare, il museo etnografico, quello archeologico, la villa, la rocca, il mercato, la fiera...”.